giovedì 7 luglio 2016

Boca


Per tradizione, la seconda domenica di settembre, la gente  del mio paese andava "in pellegrinaggio" a Boca.
La mattina, accudite le mucche, partivano in bicicletta gli uomini, in modo da raggiungere il Santuario in tempo per la interminabile "Messa Grande".
Nel pomeriggio, si avviavano a piedi le donne con qualche bambino.
Oltrepassata la cascina del Bergallo, superata la "Madonna della Rama", scalato il ripido "Motto dell'Asino", si abbandonava il sentiero nel bosco e ci si dirigeva verso la Baraggia di Boca, il paese dei due corridori ciclisti Piemontesi e Valazza. Loro che, in epoche diverse,  avevano dato lustro alla frazione. E che un piccolo monumento accanto alla chiesa accomuna ora nel ricordo.


A quel punto, io che mi ero attardato a cogliere more, bacche, mele selvatiche, rientravo nel gruppo e, insieme a tutti, raggiungevo attraverso i campi la meta.

Le donne andavano subito ad appoggiare le mani conto una roccia addossata al muro , che si riteneva miracolosa per il mal di schiena.


Poi si entrava per assistere ai "Vespri" pomeridiani. Io mi rannicchiavo in un angolo vicino alla Sacrestia a leggere il libro che mi ero portato da casa.

In quel Santuario neoclassico edificato su progetto dell'Antonelli e ricostruito dopo il crollo del 1907.
In quel paese di Boca, patria di un vino  pregiato, da bere "in meditazione", al  cospetto del giudice più severo: la nostra coscienza.



In quell'angolo un po' nascosto dove il bimbetto che ero vorrebbe tornare a sedersi per rileggere i libri di Jules Verne e rivivere  i sogni di allora. Quelli che si sono realizzati e quelli che si sono perduti.
Sbuffando magari un po' perché la lettura era finita ma non era ancora il momento di tornare a casa.
    

mercoledì 1 giugno 2016

Arese, la città dell' Alfa Romeo.

Arese è nota per lo Stabilimento Alfa Romeo, attivo fino al 2005 e per il Museo Storico Alfa Romeo.
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo è una costruzione di fine Ottocento .All'interno si possono ammirare un crocefisso seicentesco e gli affreschi di Mario Grandi Chiodo.



Ad Arese Giada ha vinto il  concorso di illustrazione indetto da Amnesty International Italia, gruppo di Arese, in occasione del 55° anniversario della fondazione di Amnesty International, sorta a Londra il 28 maggio 1961.


Qui, sulla pagina Facebook di Amnesty International Italia, potete trovare l'illustrazione di Giada vincitrice del Concorso.

mercoledì 11 maggio 2016

Il pittore che non conosceva la prospettiva

Il Marchese aveva già un pittore a corte...
Era per lui un grande vanto quel Fiammingo che aveva frequentato le più grandi città d'arte e, prima di arrivare fin lì, aveva soggiornato  a Roma dedicandosi allo studio e ad affinare la sua tecnica..
Ma, ora che aveva stabilito di costruire una grande Abbazia, alla quale avrebbe preposto il suo fratello minore, decise di assumere anche Pietro.

Il primo avrebbe affrescato le stanze di pertinenza dell' Abate e quelle destinate agli ospiti più illustri.
Per gli ambienti occupati dai conversi e dai servi sarebbe bastato quel pittore che girava per campi e boscaglie, ad affrescare per pochi soldi oratori e cappellette, per la devozione dei villani. Quel pittore che non aveva potuto studiare e non conosceva la grande novità della prospettiva: i suoi dipinti altro non erano che frutti tardivi rimasti sull'albero dopo il raccolto.

Ci vollero anni, ma alla fine il grande Edificio fu pronto.
I ricchi ed i nobili poterono ammirare la perfezione stilistica dell'opera pittorica di quell'artista raffinato venuto dall' Europa del Nord.
Eppure,  la gente più umile preferì le opere semplici ed ingenue, ma ricche di emozione  e di vivacità del pittore di campagna.
Di quel Pietro che, per sfamarsi, trascorreva ore a pescare in un piccolo ruscello impetuoso, ricco di pesci e fiancheggiato da una grande quantità di gigli d'acqua.
Quel ruscello che, proseguendo il suo percorso per moltissime miglia, era destinato a divenire il fiume più importante di ogni italica terra, e che veniva chiamato "Padus"..


N.B. : a differenza degli altri, questo è un racconto di fantasia.

  .

Campagna novarese
dipinto di Giada Ottone

mercoledì 6 aprile 2016

BIZET (una storia di gatti e di umani)

Micia Mamma aveva due gattini.
Bizet, nero con alcune macchie bianche, Matisse, bianco con alcune macchie nere.
Li teneva stretti a se, li accudiva con cura ed amore e ci stupimmo quando trovammo Matisse piangente, abbandonato in un campo vicino.
Il veterinario ci diede la spiegazione : "Il gattino è ammalato, ha una brutta rinotracheite. La sua mamma lo ha sacrificato perché non infettasse il fratellino. Se però volete, c'è una cura efficace. E' molto deperito, ma ce la farà".

Lo riportammo a casa felici perché sarebbe guarito. Era il cinque di luglio millenovecentonovantaquattro.  Accesi la televisione perché c'erano i mondiali di calcio. Mancava solo una manciata di secondi al termine e gli azzurri stavano per essere eliminati dalla Nazionale della Nigeria.
Maledetto pallone, non era giusto che una sconfitta scalfisse quel momento di gioia!
La storia racconta come, per magico incanto, due reti di Roberto Baggio sovvertirono "in extremis" il risultato. Italia 2 - Nigeria 1.

Anni dopo stavo portando in macchina mia figlia al Liceo quando vidi, qualche decina di metri davanti a noi, un gatto ucciso da un'auto. Non c'erano dubbi, era il nostro Bizet. Lo deposi sul ciglio della strada, e quando tornai indietro , lo seppellimmo in giardino vicino alla magnolia dai fiori gialli.

I nostri gatti andavano e venivano per casa, vivevano da re, erano loro i padroni. Quando una notte sentii grattare alla porta mi alzai ad aprire e... era il nostro Bizet!
Tutti allora a dire che erano sempre stati sicuri che quel gatto morto non poteva essere lui.
Eravamo semplicemente felici.

Lui fece una mangiata epocale di bocconcini e crocchette, e, dopo, dormì per un giorno intero.
Poi ripartì.
Lo rividi solo più una volta, mentre saltava negli occhi ad un cane che aveva osato importunarlo.

Molti anni sono passati, di gatti non ne ho più. Contro ogni evidenza tengo ancora dei croccantini, sempre freschi, perché forse un giorno Bizet gratterà ancora in piena notte alla porta...


mercoledì 3 febbraio 2016

Boccioleto, il paese di Giacomaccio.



Non c'è traccia di neve sulle montagne, ed il torrente è ora avaro di acqua. L'aria è tiepida in un giorno di questo anomalo inverno in Valle Sermenza. 
Oltrepasso Balmuccia, e mi dirigo verso Boccioleto, dominato dalla Torre delle Giavine.

Qui, accanto alla chiesa, ritto su di una pietra, arringava la folla Giacomo Preti, detto il Giacomaccio, nato in questo comune attorno al 1480.

Giacomaccio, uomo pallido e gigantesco, soldato di professione, che partecipò alla battaglia di Melegnano e fu fatto prigioniero. Giacomaccio, che durante pranzi e libagioni vantava le proprie gesta oltre ogni immaginazione. Giacomaccio che arruolò un esercito di valligiani contro gli odiati Signori di Varallo.
Giacomaccio che venne sconfitto nella notte da una truppa di capre e pecore, con in testa micce a cui era stato dato fuoco. Giacomaccio magistrato che applicava la giustizia. Giacomaccio raffigurato, secondo la tradizione, da Gaudenzio Ferrari in una delle cappelle del Sacro Monte di Varallo. 

Giacomaccio che non ha abbandonato la Valle.

mercoledì 30 dicembre 2015

Capodanno al "Buco del Lupo"


C'ero andato parecchie volte da bambino con mio nonno Primo. A metà salita della collina, sovrastato da un arco di granito e protetto, più in alto, da un muraglione di sassi, c'era l'ingresso di una estesa galleria.
Qualcuno asseriva di averla percorsa per lungo tratto, prima di fermarsi di fronte ad una frana.
I vecchi dicevano che proseguiva per chilometri, in una ardita alternanza di discese e salite, fino alla Chiesa Parrocchiale di Santa Cristina.



Chiesa Parrocchiale di S. Cristina, Borgomanero (NO)

Altri, di più prudente eloquio, sostenevano che era solo una cavità dove refrigerare le vivande nei mesi d'estate.
Tutti chiamavano quell'ingresso il "Buco del Lupo".
Oggi non c'è più, chiuso dal crollo del muraglione (di cui rimane qualche traccia) e dall'intrico di rovi e robinie.



Su  quella collina ricca di storia, dove una volta c'erano un Castello ed una Chiesa dedicata alla Madonna, ora diroccati e ridotti a ruderi.



In quei luoghi dove signoreggiò il casato detto dei "Re Magi" e imperversavano i briganti "barbavari". Dove forse passò il "Caccetta", nobile spietato, protagonista di una vicenda simile a quella raccontata nei "Promessi Sposi".
Tanto che c'è chi sostiene che il  "Caccetta" fosse il vero Don Rodrigo, ed il servo "Da Martello", mio compaesano di secoli prima, il  fedele "Griso".
Di modo che quando al liceo ascoltavo annoiato ed assonnato i miei compagni che leggevano a turno alcuni passi del capolavoro di Manzoni, sognavo che la fatidica frase "Questo matrimonio non s'ha da fare !" l'avesse pronunciata uno del mio paese.


Ma queste sono altre storie.