mercoledì 22 aprile 2020

Hone Bard

All'inizio dell'autunno mio padre concedeva a se stesso e a noi qualche giorno di tregua nel faticoso lavorare nei campi. Aspettavo impaziente quei momenti, gli unici in cui potevo gioire per qualche gita con la nostra vegliarda automobile.
Fui io a scegliere la meta: il comune di Hone Bard, dopo aver consultato un vecchio libro di geografia.
Lasciammo il Piemonte per entrare in Valle d'Aosta. Qui subito ci accolse una sorpresa. Il libro era stato pubblicato prima della Guerra: il comune di Hone Bard non c'era più dal 1946, quando si era scisso nelle due entità di Hone e di Bard.
Oltretutto il forte di Bard era ancora di pertinenza militare e rimase tale fino, credo, al 1975. La sua mole imponente e scenografica la si poteva ammirare solo da lontano.
Non ci rimase che entrare nel paesino di Hone, accolti dall'antico ponte sulla Dora Baltea, duecentesco ma ricostruito nel XIX secolo. La vetusta chiesa di San Giorgio, il cui aspetto attuale risale peraltro al al XVIII secolo, ci attendeva con i mirabili affreschi degli Artari. Svettava l'imperioso campanile a dominio dell'intero abitato.
Proseguimmo poi, con un po' di apprensione per la resistenza dell' attempata automobile, verso il fiabesco proscenio del castello di Fenis, a pochi chilometri di Aosta.

Passarono decenni; il forte di Bard , divenuto proprietà della regione autonoma, venne restaurato ed aperto alle visite del pubblico. Ci andai, ovviamente, ad ammirare il prezioso gioiello che era divenuto, immaginando di portare, quantomeno nel cuore, il mio papà, ubicato da tempo lassù su una stella, ma che poteva, forse, vedere quel sontuoso monumento  per il tramite dei miei occhi, sia pure un po' miopi. 

 Un dipinto di