martedì 5 febbraio 2013

Il "cèr dal Vali"



Verso sera, mia nonna, ritirati nel pollaio i tacchini e le galline, preparava il caffelatte, che era la sua cena.
Quando faceva notte, se la stagione era bella, si appostava, quasi di soppiatto,  in un angolo del cortile.
Disse solo a me il motivo, perchè aveva paura che la prendessero in giro.
Ad una certa ora, tutte le sere, in fondo all' orizzonte , dove finivano i prati e le rogge della regione Valle, si scorgeva distintamente un lume, un modesto fascio di luce, che si muoveva frenetico avanti ed indietro.
Era il cèr dal Vali.

In quella luce, rimasta  senza spiegazione, vedeva forse un segno dei suoi cari che non c'erano più e riponeva, credo, la speranza che potesse illuminarsi la crescita del piccolo Costantino.
Mi raccontò anche una leggenda, una diceria, che ascoltai con scetticismo.
Tanto che ora, più di cinquant'anni dopo, me la sono proprio dimenticata.

Quando si fece trasloco, del cèr dal Vali non se ne parlò più.

Il 14 aprile del 1978 mia nonna compì novantadue anni. Tornai a casa molto tardi da Novara, stanco per una giornata di intenso lavoro.
Ma lei era ancora sveglia, perchè per nessuna cosa al mondo avrebbe rinunciato alla mia parola di auguri. Aveva da poco ripreso a camminare, sette mesi dopo una brutta frattura, ed io mi ero dimenticato di comperarle un piccolo regalo.
Decisi allora di farla salire in macchina, e di dirigerci verso Marzalesco.
Qui, pur seminascosto dalle robinie che avevano invaso i terreni coltivati, il cèr dal Vali  lei lo vide ancora, molto nitido.

Perchè era la fiammella della sua speranza.