giovedì 21 dicembre 2017

Il bambino che sognava di tirare le palle di neve


Questo post fa parte del Calendario dell'Avvento del Focolare dell'Anima dell'amica Sciarada, blog "Anima Mundi".

Viveva un'infanzia felice in una città ricca dove tutto era in perfetto ordine. Tanto era l'affetto che lo circondava ma....
Quando d'inverno il cielo si rabbuiava e cominciavano a cadere i primi fiocchi di neve, un desiderio inespresso lo tormentava. In quel paese, dove tutto funzionava alla perfezione, era rigorosamente proibito tirare palle di neve. Glielo confermava lo sguardo severo del padre: "Questo è un paese civile e perfetto, qui non si può!"

Venne, a scuola, il momento di scrivere la letterina di Natale. Quel bambino non chiese nuovi giocattoli, ne aveva già troppi, ma espresse il suo desiderio. "Caro Gesù Bambino, appena comincerà a nevicare, anch'io vorrei divertirmi a tirare palle di neve!".

Qualcuno sa dirmi perché  le lettere di Natale finiscono sempre per essere lette dai papà e dalle mamme?



Poco prima che giungesse Natale, tutta la famiglia salì sulla grande automobile per attraversare paesi, regioni, nazioni, fin a raggiungere una casa che brillava della luce riflessa dalla Grande Montagna.
In quel posto c'era, è vero, qualche cartaccia per terra, ma la gente era cordiale e spesso il suo sguardo si scioglieva in un sorriso, al ristorante il cibo era molto buono, e gli anziani non sembravano nemmeno tanto vecchi...



Scendeva lemme la neve ed il bimbo  prese coraggio, appallottolò un po' di neve, ne fece una palla, come tanti altri ragazzi nel mondo, e la lanciò con gioia  contro un muro sfiorando la schiena del suo papà.
Lui si voltò e, facendo trasparire sullo sguardo severo un accennato sorriso, pronunciò sorprendenti parole "Qui si può!"
Con un piccolo gesto suo figlio aveva forse scoperto la libertà.





Domani la finestra del Calendario dell'Avvento si aprirà sul blog "Attimi" di Graziana

mercoledì 6 dicembre 2017

A Cremona, premiazione concorso di illustrazione "Tapirulan"




Cremona, una stupenda città dove è avvenuta la premiazione del Concorso internazionale  di illustrazione "Tapirulan", giunto quest'anno alla tredicesima edizione.



 


Un grande risultato per Giada, finalista e ammessa alla mostra (scelta fra 855 partecipanti al Concorso).
Inoltre, la sua opera è risultata seconda nella votazione popolare.


Presidente della Giuria Tony Wolf, che ha inaugurato presso la stessa sede la sua imperdibile mostra personale con più di duecento tavole originali esposte.


lunedì 27 novembre 2017

Giada finalista al concorso di illustrazione Tapirulan

 Quest'anno Giada è tra i 48 illustratori finalisti per il concorso Tapirulan; oltre al premio della Critica, è previsto anche un premio della Giuria popolare.
E' possibile votare i due illustratori preferiti a questo indirizzo: http://illustratorscontest.tapirulan.it/vota/
Per esprimere la propria preferenza, bisogna compilare i campi indicando nome, cognome e indirizzo mail, più le due preferenze.
Le illustrazioni sono in ordine alfabetico per autore (potete trovare quella di Giada sotto "Ottone Giada").
Dopo aver cliccato sul tasto "vota", vi arriverà una mail con un link per confermare il voto. Grazie a chi vorrà votare Giada.

lunedì 23 ottobre 2017

La mostra personale di Giada a Borgomanero


Dal 21 ottobre al 3 novembre, presso la Sala Espositiva di Palazzo Tornielli a Borgomanero (NO), si tiene la mostra personale di Giada dal titolo "Piccoli sogni colorati".
 

martedì 22 agosto 2017

La prima volta che sono stato a Varese

Arrivò a casa nostra il mugnaio del paese, che aveva esteso la sua attività a svariati commerci. Invitò mio padre Gaudenzio ad una fiera di pollame, pulcini, mangimi e tanto altro ancora, che si sarebbe svolta a Varese la domenica seguente.
Mio papà declinò l'invito: doveva accudire le mucche ed i suini, irrigare il prato e, tutto sommato, preferiva dedicare il pomeriggio della festa alla partita di briscola all'Osteria del Fiura.
La mia nonna Sèta intervenne subito: "Verrà Costantino!". Ed all'obiezione  "Ma ha solo cinque anni!", rispose con prontezza: "Però sa già leggere e scrivere!" Una affermazione esaustiva, che non ammetteva discussioni.




Partimmo la domenica mattina, stipati in cinque sulla grande auto che negli altri giorni era adibita al trasporto della farina e dei sacchi di concime.
Quando arrivammo al ponte di Sesto Calende, fu la prima volta che lasciai il Piemonte per la Lombardia.
Ci fu una sosta in un'osteria, non mi ricordo bene se a Daverio o ad Azzate. Per gli altri un bianchino, per me una veneziana.


Arrivati a destinazione, mi facevo largo tra la folla dei visitatori per fare incetta di "gadgets" e soprattutto di capline, i preziosi copricapo di paglia che riparavano dal sole quando si lavorara nei campi.


A mezzogiorno, fummo solerti nell'avviarci verso il ristorante, sopra la città, verso il Sacro Monte.
C'erano i "buoni pasto" per tutti noi, forniti da una azienda di mangimi.
Scoprii così cibi di cui nemmeno immaginavo l' esistenza: il prosciutto crudo, il vitello tonnato, le lasagne, ed un dolce buonissimo fatto con le mele.

Impaziente di tornare a casa, per raccontare a mia nonna tutto quello che avevo visto.


giovedì 6 luglio 2017

Nonna Sèta



Quel sabato, di prima mattina, mia nonna mi mandò a chiamare.
"Stammi vicino" mi disse, "sento che questo è il mio ultimo giorno".

Qualche ora dopo arrivò il dottore e, dopo averla visitata, potè solo  dichiarare: "E' una candela che si va spegnendo. Le ho fatto una iniezione, per un po' starà bene. Tornerò stasera alle dieci; se la reazione sarà stata positiva le prescriverò altre medicine...".

Durante il giorno vennero molte persone: i parenti, i vicini, gli amici. Nonna Sèta, nel suo letto, sorrideva a tutti. Diceva di essere contenta perché, a breve, avrebbe finalmente raggiunto quel suo figlio ucciso nel '36 in Abissinia, e gli sarebbe stata accanto per ogni attimo dell'Eterno.

Alle sei del pomeriggio bevve un po' di caffelatte, poi si assopì.
Quando, a tarda sera, il medico tornò puntuale, non poté che sederle accanto, tenerle la mano, e, prima di mezzanotte, chiudere le palpebre di quel volto intonato, fino all'ultimo istante, al sorriso.

In quell'ostile mese di marzo del novecentoottanta.




..."Mais je demande en vain quelques moments encore,
Le temps m'echappe et fuit;
Je dis a cette nuit: sois plus lente; et l'aurore
va dissiper la nuit"....
( A. de Lamartine)

venerdì 26 maggio 2017

Quell'ultimo schiaffo... ad Anagni.





Stupenda località, Anagni. Nota per aver dato i natali a quattro papi ed essere stata a lungo residenza pontificia.
Spiccano la Cattedrale di Santa Maria, il Palazzo di Bonifacio VIII, i resti delle Mura Ciclopiche, le dimore medievali. Nella "Sala dello Schiaffo", vi fu il celebre schiaffo dato da Giacomo Sciarra Colonna a papa Bonifacio VIII. Episodio rammentato da Dante Alighieri nel XX canto del Purgatorio.








Mi aggiro prudente e un pochino furtivo tra i vicoli medievali più bui e reconditi, alla ricerca di Giacomo Sciarra Colonna. Lo sento presente o almeno vicino ma, al tempo stesso irraggiungibile.
Sono passati più di settecento anni! Mi piacerebbe essere destinatario di un suo ultimo schiaffo, anche soltanto un buffetto vista la sua veneranda età. Magari in ossequio al mio cognome (solo quello, purtroppo) imperiale.


Ritornato oramai al binario del treno, ecco che mi raggiunge un ben assestato, solo metaforico, ceffone. Viene infatti annunciato che, a causa di un guasto alla Stazione Termini di Roma, il treno proseguirà con un ritardo imprecisato, sicuramente di ore... Grazie Sciarra Colonna per avermi riservato l'ultimo  schiaffo di Anagni!

venerdì 14 aprile 2017

Cordiali saluti da Nicorvo



Da decenni, in ogni località dove mi reco, compero una cartolina, che fisso poi sulla parte superiore di un foglio, mentre, sotto,  allego  una breve descrizione del luogo visitato e delle cose che vale la pena vedere.
La mia collezione è divenuta, col tempo, ponderosa e comprende grandi città ma anche minuscoli paesi. Se in qualche posto non trovo le cartoline, le cerco ai mercatini o su internet. L'importante è che costino poco.


Recentemente ho avuto una vecchia cartolina, piuttosto sgualcita (e quindi alla portata delle mie tasche), che raffigura la chiesa di Nicorvo, paesino della Lomellina.
Reca il timbro postale 5-8-1927, è indirizzata a Buenos Aires (Argentina) e, fittamente scritta, riporta i saluti dei genitori al figlio emigrato.
Il papà e la mamma, oltre a fare gli auguri di buon onomastico e a scusarsi per non aver potuto scrivere l'anno prima, chiedono, con affetto ed apprensione, notizie sulle condizioni di salute.

Avrà mai risposto quel figlio? La vicenda sarà stata a lieto fine?
Immagino di sì, perché la missiva è tornata in Italia, fino a far parte, novant'anni dopo, della mia forse banale collezione. A rappresentare non soltanto un piccolo paese di Lombardia, ma, di più, la nobiltà d'animo dei mittenti.



Perché tanto significa una piccola, vecchia, sgualcita cartolina !

venerdì 24 marzo 2017

... quanto tempo è passato ! ...


M'è sempre piaciuto viaggiare. Per molti anni, senza un soldo in tasca, soprattutto in bicicletta. Itinerari lontani e improponibili.
Quando il prete del mio paese organizzò una gita di più giorni in Toscana, solo lui riuscì a convincere mio padre a versare i soldi necessari.
Ricordo come fosse ieri quel viaggio: Lucca, Pisa, Lago di Massaciuccoli, viale dei Cipressi di Bolgheri, Piombino, isola d'Elba (nella foto ero a Marina di Campo) e, prima del ritorno, Firenze.



L'altro problema era la macchina : solo auto vecchie ed usate. Fu una conquista la mia 127 azzurra!


La terza foto è di questi giorni : come passa in fretta il tempo !

mercoledì 15 febbraio 2017

L'ultimo canestro






Ce l'aveva preannunciato: era l'ultimo anno. Dopo più di due decenni che giocava a basket, concedeva a se stesso, e ai suoi due tifosi al seguito, io e Lele, un'ultima stagione agonistica, sia pure nella categoria più bassa.
Fu, comunque, un campionato ricco di vittorie, tanto che la squadra raggiunse la finale per il primo posto. Un campionato giocato da parte sua con grande impegno e metodo, sia in allenamento che in gara, un esempio per i più giovani.
L'altra finalista era però più forte, non ci fu storia. Al termine, come sempre, tutti e tre in pizzeria. Era una serata piovigginosa, ma la pioggia era così fine che, quando ce ne andammo, dimenticai l'ombrello. 
"Non c'è problema, lo recupererò l'anno prossimo!", dissi senza convinzione, perché sapevo bene che non saremmo più tornati. Quella era l'ultima partita.
Sulla via del ritorno da Borgosesia, in vetta al passo della Cremosina, a mezzanotte passata, ci attraversò la strada una volpe con i suoi volpacchiotti. Si fermarono un istante ad osservarci con il loro sguardo irridente. Un segno, forse, per farci comprendere che il tempo di quel cantuccio di spensieratezza era inderogabilmente scaduto.

lunedì 16 gennaio 2017

Tempi antichi

I rovi hanno invaso molti dei timidi sentieri calpestati dalla gente del mio paese per raggiungere, nel passato, le fornaci, i campi, i vigneti dove si andava  a lavorare.



Sembrerebbero ancora transitabili, pur con l'avanzare della boscaglia, i tragitti campestri che venivano praticati, nel passato, per raggiungere la Madonna della Rama.
Il primo partiva dalle cascine del Bergallo e  saliva il modesto pendio del Motto dell'Asino.
Il secondo iniziava alla frazione Carlottina e, traversato il torrente Sizzone, allora pescoso e gonfio di acqua,  lambiva le Pianazze prima di raggiungere la meta.



Lo sbocco di entrambi era sullo "stradonino" per Maggiora, non lontano dal convento e dalla chiesa della Madonna della Rama.
Questi edifici, costruiti nel '500  su  impulso di Giovanni Galeazzo Maria Visconti, nobile di Fontaneto d'Agogna, esistono tuttora, sia pure non più adibiti ad attività religiosa, e attualmente di proprietà privata. Soprattutto la chiesa non è in buono stato di conservazione.    



Il complesso, affidato illo tempore agli Agostiniani, vide a lungo, in quei tempi bui, una strana coabitazione tra i religiosi ed i briganti barbavari, che spesso vi trovavano riparo.
Nell'edificio di culto erano notevoli gli affreschi, di cui rimane oggi qualche parziale vestigia e che sono databili al XVI secolo.

Quante leggende sono fiorite su questi luoghi, quante pagine di storia apparentemente minore si sono scritte in queste lande!  Luoghi di devozione, arte, leggenda, lavoro, di cui si affievolisce la memoria con il passare delle generazioni  e con l'avanzare dell'incolto.

Torrente Sizzone
matite colorate su carta