martedì 31 marzo 2020

Tra l'Oglio e l'Adamello: Edolo



… qualche anno addietro, quando si poteva viaggiare.


Il tempo tra scendere da un treno e salire su di un altro  è troppo breve per visitare una grande città. Sono a Brescia, nella sala d'aspetto della stazione a ricordare a me stesso quanto ho visto in altra occasione. Piazza della Loggia, Foro Romano, Broletto, Duomo Vecchio e Duomo Nuovo, Colle Cidneo. Era, quella volta,  un 2 di giugno di uno dei primi anni novanta; lì festeggiammo un felice anniversario di matrimonio.


Ma il treno parte veloce e corre lontano...mi sono noti i paesi ed i panorami del Lago d'Iseo, ai quali si sostituiscono le località della Valle Camonica. L'ultima fermata è ad Edolo, grazioso comune  di mezza montagna. Qui il torrente Ogliolo, partito dall'Aprica, chiude il suo percorso e confluisce nell'Oglio.



Il  paese è vegliato dalla vetta dell'Adamello e dominato dal campanile, il più elevato della Valle Camonica. Belle le due chiese: Santa Maria Nascente  (all'interno opere di Pietro Ramus) e San Giovanni Battista, con gli affreschi di  Paolo da Caylina.
Nei giardini, nelle aiuole, sui balconi, lo spettacolo variopinto di tanti fiori  sono  l'ultima immagine che mi rimane nella mente, prima di intraprendere la strada del mio ritorno.   


martedì 17 marzo 2020

Il ponte del diavolo

Un breve viaggio di qualche anno fa, quando  non esistevano restrizioni perché l'epidemia non c'era.

...qualche anno fa...

E' già mezza mattina, quando salgo sul treno alla stazione di Torino Dora.

Borgaro, Caselle (a fianco dell'aeroporto), Ciriè, Mathi, Balangero, parte in treno, parte in autobus, si susseguono, mentre i miei occhi tentano di immagazzinare più immagini possibili. La mia meta di giornata è Lanzo Torinese, che raggiungo un po' prima di mezzogiorno.
Non ho molto tempo a disposizione, e mi affretto a vedere la chiesa di San Pietro in Vincoli e la Torre.,  E' troppo lontano il Santuario di Sant'Ignazio, sulla vetta di un monte, per raggiungerlo a piedi. Sarà , mi dico con qualche convinzione, per una prossima volta.

Mi siedo su una panchina a mangiare il  panino alla bologna che mi sono prudenzialmente portato da casa, e non rinunzio ad un caffè al bar.
Subito dopo cammino, a passo spedito, verso il Parco del Ponte del Diavolo ed i fenomeni geologici delle Marmitte del Diavolo.
Mi colpiscono la  maestà, l'ardimento, l'ambiente naturale, la natura selvaggia attorno del vetusto ponte in pietra, a schiena d'asino.
La leggenda dice che che lo  ha costruito il principe delle tenebre in persona, in cambio del possesso del primo essere che vi sarebbe transitato.
Passò, peraltro, un cane, ed il diabolico costruttore dovette, pur adirato, accontentarsi.




Mi avvicino al ponte, lo guardo da vicino e dal basso, ammiro lo scorrere del fiume, le pietre adagiate nel suo letto, il contorno del bosco, degli alberi, delle erbe, dei fiori.
E giunge troppo presto il momento di intraprendere, "obtorto collo", il viaggio di ritorno.

giovedì 5 marzo 2020

Gianni Zaninetti: il valore del dialetto del mio paese.

Gianni è un amico da tantissimi anni. Impegnato nel lavoro, nella politica, nel volontariato e, come usa dire, nel "sociale" (nel senso più nobile del termine), non sapevo scrivesse bellissime poesie nel dialetto del nostro comune paese.
L'ho scoperto di recente: in occasione del settantesimo compleanno (io lo seguo a ruota a due anni di distanza) i suoi familiari hanno raccolto le più belle tra le sue liriche, scritte nel nostro idioma, in un prezioso volumetto "In sitanta ma in mia si tanti".



Leggendolo, ho scoperto tanti ricordi, tanti simboli che ci accomunano:  una centenaria pianta di gelso (la sua a Cureggio , la mia a Marzalesco) sopravvissuta all' allevamento dei bugatt - i bachi da seta -, che erano golosi delle sue foglie, ma non all'inquinamento dei tempi moderni. La linea ferroviaria che ha ospitato gente dagli inizi del Novecento fino a qualche anno fa,  quando è stata dismessa. Il gioco del pallone, nel campo sportivo dell' Oratorio, e tante altre tradizioni che ci uniscono idealmente  nel ricordo.

Perché è proprio qui che sta il punto: quel ricordo che ci permette di conservare i nostri valori, di tramandarli, e di racchiuderli in un prezioso scrigno che saprà superare le leggi del  tempo e gli scogli  della moda. Un manoscritto racchiuso in una bottiglia che forse, un giorno, qualcuno dei nostri epigoni ritroverà.
E sarà quello un giorno speciale, come quando riaffiora alla superficie la nodosa radice della nostra storia, la sorprendente immagine della nostra tradizione.


Gianni Zaninetti :  "In sitanta ma in mia si tanti", anno 2019.


 Gelso piangente a novembre
tecnica mista su carta (2009)