venerdì 16 dicembre 2016

Il Natale di nonno Pietro


 Questo post partecipa al "Calendario dell'Avvento" di Sciarada, del blog Anima Mundi



Abitavo in quella casa in mezzo al prato, dove già a gennaio spuntavano i bucaneve sulla riva della roggia, e poi, a febbraio, apparivano, timidi e gialli, i fiorellini del corniolo. C'erano fiori tutto l'anno, fino a dicembre quando avvizzivano le ultime rose.


Mio nonno Pietro era tornato a casa proprio alla vigilia di Natale del 1957, dopo mesi di  "corsia" in ospedale, per una malattia che non si sapeva bene, forse, quale fosse.
La mattina della Festa si era alzato presto, malfermo ma sorridente, per godersi un'ultima volta quella ricorrenza speciale.
Alla sera, prima di andare a dormire, fece staccare dalla parete una piccola scultura in legno che raffigurava san Pietro, e la consegnò a mio papà Gaudenzio.


L'otto di gennaio, rimasi a casa da scuola e mi avviai verso un vicino, il Luisin, che era costretto dalla malattia tutto il giorno su una sedia.
Da lì vidi passare il carucion nero, che portava mio nonno verso l'Eterno. La nevicata era fitta e incessante, ma molta gente seguiva in processione.
Siccome a casa non era rimasto nessuno, il postino Natalin, consegnò a me una lettera raccomandata per mio nonno. Venne aperta nel pomeriggio: era la conferma, con un piccolo ritardo di dieci anni, che la domanda di pensione di nonno Pietro era stata accolta.
C'era anche un post scriptum: se il domicilio fosse nel frattempo cambiato, occorreva inviare il nuovo certificato di residenza.
Non mi persi d'animo ed imbucai subito una letterina diretta a Gesù Bambino, lassù, che provvedesse lui , per competenza territoriale, al rilascio ed all'inoltro. Perché non mancasse a mio nonno qualche soldino per la scigala, il quartino di vino ed un tabarro caldo per i rigori dell'inverno.



Nel novecentosettantanove, prima che mi sposassi, mio padre donò a me il "San Pietro", che custodisco tuttora. E che sarà un giorno di Giada, poi di Ale, e poi chissà... 


dedicato ad Ambra ed Alessandro

La prossima finestra del Calendario dell'Avvento si aprirà sul blog  Me & Loro di Lorenza

venerdì 4 novembre 2016

Triora





Quand'ero bambino, mia nonna sul far della sera, usciva dalla nostra casa in mezzo al prato e si   dirigeva verso la bottega. Acquistava poche cose perché quelli erano ancora tempi di dignitosa
povertà.
Io la accompagnavo sempre, goloso del surrogato di cioccolato che mi comprava. Al ritorno, la aspettava, appena fuori al paese, il nostro gatto, che ci seguiva fino a casa.
"Una volta le donne che tenevano vicino un gatto venivano credute streghe ", lei diceva sempre, nel tragitto di ritorno verso casa.





Parole che mi sono venute in mente qualche giorno fa a Triora, il "paese delle streghe".


Un paese  piccolo  e  meraviglioso, noto per il celebre processo alle streghe avvenuto negli anni tra il 1587  e il 1589. Anni in cui la vita umana non valeva niente, e i più atroci supplizi venivano impunemente inflitti in nome dell'ortodossia  religiosa.




L'ho visitato tutto, questo borgo simbolo di oscuro passato.
E mi è balenata in mente una strana domanda.
Se un giorno lontano dovessi per caso transitare in Paradiso,vi troverei le (presunte) streghe o i loro spietati inquisitori?



giovedì 6 ottobre 2016

Un' amicizia lunga quarant'anni.

Ci trovammo in  caserma, alla periferia di Trento, a metà settembre del 1975. Abitavamo a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro, ma non ricordavamo di esserci mai incontrati.
Ho un bel ricordo di quel periodo, caratterizzato da tanti amici, una buona allegria, vigneti e piante di mele delizia. Anche se d'inverno il freddo era pungente,  quando il sole spariva presto dietro le balze del monte Bondone.



Ci siamo poi ritrovati in tanti momenti, di gioia o di dolore.
Divenimmo anche colleghi. Quando lui se ne andò a lavorare da un'altra parte, chiesi, forse più che altro a me  stesso: "Dove ci ritroveremo  la prossima volta?".
"Gli anni passano veloci, ci rivedremo forse all' ospizio!", fu la sua risposta cinica e divertita.
Era il duemilacinque, trent'anni dopo.
Altri undici anni sono trascorsi, ed  eccoci a Monteu da Po, paese collinare  del Monferrato torinese.





Ci siamo andati a visitare le rovine della colonia romana di "Industria", città distrutta forse  dagli Unni ed ora sito archeologico molto interessante,  che rivela la presenza di una città attiva ed operosa ed è dominato dai resti dei templi dedicati a Iside e Serapide. Un luogo ricco di storia e di tempo antico che sono contento di aver visitato.


Terminata la visita, si imponeva un lauto pranzo in un ristorante dalle parti di Livorno Ferraris, terra di campagne e di risaie.   


venerdì 26 agosto 2016

Salasco, il paese di "Riso Amaro" e dell'Armistizio che forse qui non fu.



Poco più di duecento abitanti popolano Salasco, paese della "bassa vercellese" dominato dalla mole dell'imponente castello quattrocentesco.


La coltivazione del riso occupa quasi tutto il territorio comunale e ne costituisce il simbolo. 
Tanto che, nel 1949, il regista Giuseppe De Santis scelse di girare, nella frazione Selve, molte scene del film Riso Amaro.
Sì, proprio quello neorealista interpretato da Silvana Mangano, distribuito in tutto il mondo e candidato al Premio Oscar.



Nel pronunciare questo nome, Salasco, molti penseranno come me all'"Armistizio di Salasco", nominato a scuola nel dormiveglia di un pomeriggio di lezione di Storia.

Ho però letto che il trattato del 1848, che sanzionò di fatto la resa dei Savoia agli Austriaci, venne siglato in realtà a Vigevano e deve il nome al generale piemontese Carlo Canera di Salasco che lo firmò.
Mi è spiaciuto saperlo, una certezza storica mi è venuta meno.

domenica 21 agosto 2016

Concorso "Un Prato di Fiabe"



Giada partecipa con questa illustrazione alla votazione online del concorso "Un Prato di Fiabe", su Facebook.
Molti di Voi hanno già votato, ed è questa l'occasione per ringraziarli di cuore. 
Chi non avesse ancora votato, potrà farlo secondo queste modalità (ovviamente chi ha già votato non dovrà fare più nulla):
- cliccando su questo link https://www.facebook.com/UnPratoDiFiabe/photos/a.1679509085645804.1073741828.1679480495648663/1711799239083455/?type=3&theater  (verrete reindirizzati sulla pagina facebook in cui si trova l'illustrazione di Giada)  
- mettendo il "mi piace" all'immagine

Grazie, Costantino

venerdì 5 agosto 2016

Pontremoli, Sarzana e...l'importanza del sapere di latino.





 Pontremoli (MS)

 Pontremoli (MS)


Città appartata sotto i balzi della Cisa, Pontremoli sorprende per la sua bellezza. Medioevo e Rinascimento si fondono in architetture, monumenti, paesaggi, angoli palesi e talora nascosti. Di più, i negozi dal sapore antico apportano un tocco di splendore a questo borgo  della Lunigiana.
Quando mi è toccato ripartire, mi è dispiaciuto.


Pontremoli (MS)

Sarzana alterna monumenti antichi e moderni, chiese, statue, quadri, archi che interpretano la suggestione di una città di confine tra Liguria e Toscana.


Sarzana ( SP) Pieve di S. Andrea

Sarzana (SP) Porta Romana


"Quando farai lo spazzino, capirai l'importanza di sapere di latino!", pontificava con maligna loquela il mio austero e inflessibile professore delle lingue classiche.
Premesso che tutti i mestieri hanno pari dignità, non ho purtroppo mai avuto l'occasione di esercitare questa mansione che nel tempo è divenuta ambita e importante, a salvaguardia dell'ambiente e del decoro.



Ora però, tanti decenni dopo, visitando Luni, con il  Museo ed il Parco Archeologico, splendori di una città che fu importante porto romano prima di subire, proprio dal mare,  il saccheggio e la distruzione, mi accorgo comunque che quegli studi, quella preparazione classica, mi sono stati di decisivo aiuto per comprendere la bellezza delle vestigia rimaste, e per inquadrarle nella loro dimensione ed epoca storica.
Vestito idealmente da antico romano, ho potuto  immaginare gli intensi traffici d'allora, la cultura che permeava le opere e le costruzioni, il progresso repentinamente distrutto dai nuovi barbari invasori.


Luni (Ortonovo, SP); in lontananza, Nicola di Ortonovo (SP)


Luni, un luogo ricco di fascino e di storia che è importante visitare ed apprezzare. 

giovedì 7 luglio 2016

Boca


Per tradizione, la seconda domenica di settembre, la gente  del mio paese andava "in pellegrinaggio" a Boca.
La mattina, accudite le mucche, partivano in bicicletta gli uomini, in modo da raggiungere il Santuario in tempo per la interminabile "Messa Grande".
Nel pomeriggio, si avviavano a piedi le donne con qualche bambino.
Oltrepassata la cascina del Bergallo, superata la "Madonna della Rama", scalato il ripido "Motto dell'Asino", si abbandonava il sentiero nel bosco e ci si dirigeva verso la Baraggia di Boca, il paese dei due corridori ciclisti Piemontesi e Valazza. Loro che, in epoche diverse,  avevano dato lustro alla frazione. E che un piccolo monumento accanto alla chiesa accomuna ora nel ricordo.


A quel punto, io che mi ero attardato a cogliere more, bacche, mele selvatiche, rientravo nel gruppo e, insieme a tutti, raggiungevo attraverso i campi la meta.

Le donne andavano subito ad appoggiare le mani conto una roccia addossata al muro , che si riteneva miracolosa per il mal di schiena.


Poi si entrava per assistere ai "Vespri" pomeridiani. Io mi rannicchiavo in un angolo vicino alla Sacrestia a leggere il libro che mi ero portato da casa.

In quel Santuario neoclassico edificato su progetto dell'Antonelli e ricostruito dopo il crollo del 1907.
In quel paese di Boca, patria di un vino  pregiato, da bere "in meditazione", al  cospetto del giudice più severo: la nostra coscienza.



In quell'angolo un po' nascosto dove il bimbetto che ero vorrebbe tornare a sedersi per rileggere i libri di Jules Verne e rivivere  i sogni di allora. Quelli che si sono realizzati e quelli che si sono perduti.
Sbuffando magari un po' perché la lettura era finita ma non era ancora il momento di tornare a casa.
    

mercoledì 1 giugno 2016

Arese, la città dell' Alfa Romeo.

Arese è nota per lo Stabilimento Alfa Romeo, attivo fino al 2005 e per il Museo Storico Alfa Romeo.
La chiesa dei Santi Pietro e Paolo è una costruzione di fine Ottocento .All'interno si possono ammirare un crocefisso seicentesco e gli affreschi di Mario Grandi Chiodo.



Ad Arese Giada ha vinto il  concorso di illustrazione indetto da Amnesty International Italia, gruppo di Arese, in occasione del 55° anniversario della fondazione di Amnesty International, sorta a Londra il 28 maggio 1961.


Qui, sulla pagina Facebook di Amnesty International Italia, potete trovare l'illustrazione di Giada vincitrice del Concorso.

mercoledì 11 maggio 2016

Il pittore che non conosceva la prospettiva

Il Marchese aveva già un pittore a corte...
Era per lui un grande vanto quel Fiammingo che aveva frequentato le più grandi città d'arte e, prima di arrivare fin lì, aveva soggiornato  a Roma dedicandosi allo studio e ad affinare la sua tecnica..
Ma, ora che aveva stabilito di costruire una grande Abbazia, alla quale avrebbe preposto il suo fratello minore, decise di assumere anche Pietro.

Il primo avrebbe affrescato le stanze di pertinenza dell' Abate e quelle destinate agli ospiti più illustri.
Per gli ambienti occupati dai conversi e dai servi sarebbe bastato quel pittore che girava per campi e boscaglie, ad affrescare per pochi soldi oratori e cappellette, per la devozione dei villani. Quel pittore che non aveva potuto studiare e non conosceva la grande novità della prospettiva: i suoi dipinti altro non erano che frutti tardivi rimasti sull'albero dopo il raccolto.

Ci vollero anni, ma alla fine il grande Edificio fu pronto.
I ricchi ed i nobili poterono ammirare la perfezione stilistica dell'opera pittorica di quell'artista raffinato venuto dall' Europa del Nord.
Eppure,  la gente più umile preferì le opere semplici ed ingenue, ma ricche di emozione  e di vivacità del pittore di campagna.
Di quel Pietro che, per sfamarsi, trascorreva ore a pescare in un piccolo ruscello impetuoso, ricco di pesci e fiancheggiato da una grande quantità di gigli d'acqua.
Quel ruscello che, proseguendo il suo percorso per moltissime miglia, era destinato a divenire il fiume più importante di ogni italica terra, e che veniva chiamato "Padus"..


N.B. : a differenza degli altri, questo è un racconto di fantasia.

  .

Campagna novarese
dipinto di Giada Ottone

mercoledì 6 aprile 2016

BIZET (una storia di gatti e di umani)

Micia Mamma aveva due gattini.
Bizet, nero con alcune macchie bianche, Matisse, bianco con alcune macchie nere.
Li teneva stretti a se, li accudiva con cura ed amore e ci stupimmo quando trovammo Matisse piangente, abbandonato in un campo vicino.
Il veterinario ci diede la spiegazione : "Il gattino è ammalato, ha una brutta rinotracheite. La sua mamma lo ha sacrificato perché non infettasse il fratellino. Se però volete, c'è una cura efficace. E' molto deperito, ma ce la farà".

Lo riportammo a casa felici perché sarebbe guarito. Era il cinque di luglio millenovecentonovantaquattro.  Accesi la televisione perché c'erano i mondiali di calcio. Mancava solo una manciata di secondi al termine e gli azzurri stavano per essere eliminati dalla Nazionale della Nigeria.
Maledetto pallone, non era giusto che una sconfitta scalfisse quel momento di gioia!
La storia racconta come, per magico incanto, due reti di Roberto Baggio sovvertirono "in extremis" il risultato. Italia 2 - Nigeria 1.

Anni dopo stavo portando in macchina mia figlia al Liceo quando vidi, qualche decina di metri davanti a noi, un gatto ucciso da un'auto. Non c'erano dubbi, era il nostro Bizet. Lo deposi sul ciglio della strada, e quando tornai indietro , lo seppellimmo in giardino vicino alla magnolia dai fiori gialli.

I nostri gatti andavano e venivano per casa, vivevano da re, erano loro i padroni. Quando una notte sentii grattare alla porta mi alzai ad aprire e... era il nostro Bizet!
Tutti allora a dire che erano sempre stati sicuri che quel gatto morto non poteva essere lui.
Eravamo semplicemente felici.

Lui fece una mangiata epocale di bocconcini e crocchette, e, dopo, dormì per un giorno intero.
Poi ripartì.
Lo rividi solo più una volta, mentre saltava negli occhi ad un cane che aveva osato importunarlo.

Molti anni sono passati, di gatti non ne ho più. Contro ogni evidenza tengo ancora dei croccantini, sempre freschi, perché forse un giorno Bizet gratterà ancora in piena notte alla porta...


mercoledì 3 febbraio 2016

Boccioleto, il paese di Giacomaccio.



Non c'è traccia di neve sulle montagne, ed il torrente è ora avaro di acqua. L'aria è tiepida in un giorno di questo anomalo inverno in Valle Sermenza. 
Oltrepasso Balmuccia, e mi dirigo verso Boccioleto, dominato dalla Torre delle Giavine.

Qui, accanto alla chiesa, ritto su di una pietra, arringava la folla Giacomo Preti, detto il Giacomaccio, nato in questo comune attorno al 1480.

Giacomaccio, uomo pallido e gigantesco, soldato di professione, che partecipò alla battaglia di Melegnano e fu fatto prigioniero. Giacomaccio, che durante pranzi e libagioni vantava le proprie gesta oltre ogni immaginazione. Giacomaccio che arruolò un esercito di valligiani contro gli odiati Signori di Varallo.
Giacomaccio che venne sconfitto nella notte da una truppa di capre e pecore, con in testa micce a cui era stato dato fuoco. Giacomaccio magistrato che applicava la giustizia. Giacomaccio raffigurato, secondo la tradizione, da Gaudenzio Ferrari in una delle cappelle del Sacro Monte di Varallo. 

Giacomaccio che non ha abbandonato la Valle.