giovedì 3 ottobre 2013

Altri tempi

Giravano lenti e instancabili per cascine e casolari. Sembravano vecchi ed avevano tutti la barba lunga. Chiedevano con gli occhi ospitalità ed un pezzo di pane.



Uno di loro passava tutti gli anni da casa nostra. Lo chiamavamo il circandon, ma,  per il vero, non chiedeva mai nulla.
Non arrivava a mani vuote. Spigolava nei campi di granoturco qualche pannocchia non raccolta, o, nella vigna, un grappolino d'uva  dimenticato dalla vendemmia.
Portava quello, perché solo quello aveva.


Lui metteva le cicche, che era bravo a raccogliere con tanta pazienza. Mio nonno Pietro forniva le "cartine", ed insieme avvolgevano le preziose sigarette dei poveri, che poi dividevano come fratelli.
La sera cenava con noi, perché era come uno di casa.
Poi contava con rabbia la sua storia, sempre quella, di un figlio che non lo sopportava e lo aveva cacciato via.
Andava a dormire sul fienile. Al mattino riponeva nella bisaccia la sua solitudine e, con lei, ripartiva.

Mia nonna, quella volta, gli aveva preparato una forma di pan malgon, il pane di granoturco.
Poi pensò che, con quei denti rovinati, non avrebbe potuto masticare bene, e mi mandò di corsa a raggiungerlo con un po' di michette morbide di pane di frumento.
Lo incontrai che aveva già passato la Chiesa della Madonna della Neve e, attraversato il Sizzone, stava per arrivare ai Balchi.
Nel momento preciso in cui regalava , con fierezza ed un sorriso, ad un altro come lui, quelle sigarette fatte con le cartine che, in realtà, non avevo mai visto che fumava.

Imparai in un istante, meglio che a scuola, che la solidarietà esiste.
Soprattutto fra i poveri. 

Al centro mio nonno Pietro,
vivaista di barbatelle